Moda, perché il settore è in crisi? Il lusso ha perso 70 milioni di clienti. I casi Moschino, Valentino e Woolrich
I consumatori del lusso sono scesi da 400 a 330 milioni in tre anni a causa del calo del potere d’acquisto del ceto medio. E, così, diversi marchi di moda sono entrati in affanno
Il lusso è sfarzo, esclusività, desiderabilità del marchio. Si può coniugare tutto ciò con il taglio dei costi? È l’equazione che molte case di moda si trovano a dover risolvere. Dopo anni di boom, nei consumi e nei prezzi, nel 2024-2025 il mercato della moda ha subito una brusca contrazione. Secondo l’ultima rilevazione di Bain e Altagamma, in tre anni sono «spariti» 70 milioni di consumatori del lusso: erano 400 milioni nel 2022, sono 330 milioni nel 2025. Il calo è dovuto soprattutto al crollo del potere d’acquisto del ceto medio, che compra meno spesso e, soprattutto, cerca prodotti più economici. L’incidenza sul mercato del lusso dei consumatori alto spendenti è passata dal 30% del 2019 al 45% del 2024 per poi attestarsi intorno al 46–47% nel 2025.
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La polarizzazione
La polarizzazione dei consumi fa il paio con quella dei marchi. Alcuni riescono a catturare l’attenzione delle fasce più elevate di reddito e, quindi, continuano a prosperare; altri vedono invece le vendite ridursi e faticano invece non poco a conciliare la discesa dei ricavi con l’ostinazione dei costi fissi. La profittabilità complessiva dei marchi è così tornata ai livelli del 2009 e i margini in contrazione hanno fatto emergere problemi di sostenibilità del debito per diverse aziende. Kering e Mayhoola, per esempio, hanno dovuto iniettare 100 milioni nel bilancio di Valentino per far rientrare il marchio nei parametri fissati dai contratti di finanziamento bancari. Altri azionisti di grandi case di moda — anche italiane — potrebbero esser presto costretti a fare altrettanto per evitare azioni da parte dei creditori.
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Il caso Moschino
La risacca del lusso ha però scoperto soprattutto i brand di fascia media e i loro rivenditori, alcuni dei quali hanno attivato lo strumento della composizione negoziata della crisi (Cnc) per cercare un’intesa con i creditori e impostare un piano di rilancio. Allo strumento della Cnc hanno, per esempio, già fatto ricorso Pinko e Furla, che ora sembrano uscite dall’emergenza. Più di recente, Aeffe, gruppo quotato, proprietario dei marchi Alberta Ferretti, Moschino e Pollini, ha avviato l’istanza di composizione negoziata della crisi (Cnc) per Aeffe e Pollini, con contestuale richiesta di misure protettive e nomina di un esperto indipendente per gestire lo stato di tensione finanziaria. Obiettivo della società con base a San Giovanni in Marignano (Rimini) è salvaguardare l’integrità del patrimonio aziendale.
I numeri di Aeffe
Il quadro è quello di un’azienda che ha perso il 20,1% dei ricavi nel 2024. Nei primi nove mesi dell’anno, il gruppo ha poi generato 155 milioni di fatturato consolidato in calo del 25% (con il mercato italiano che ha segnato -30,3%), a fronte di un margine operativo lordo negativo per 7,7 milioni rispetto ai nove mesi 2024, che riflettevano i benefici della cessione del marchio Moschino per cosmetici e profumi. I debiti netti sono a quota 114,9 milioni contro i 67,7 dello stesso periodo di un anno fa. Da qui la decisione a inizio ottobre di avviare la procedura per la Cnc con la nomina dell’esperto di crisi aziendali Riccardo Ranalli, di Kpmg advisory come consulente finanziario e dei legali di Orsingher Ortu.
La vendita di Versace
Altri marchi un po’ appannati hanno trovato in un compratore la via del rilancio. Così, per esempio, Prada si appresta a chiudere l’acquisizione di Versace dal gruppo americano Capri Holdings. «Per noi è una scelta strategica, non abbiamo nessun tipo di ansia», ha sottolineato Lorenzo Bertelli che di Versace sarà presidente esecutivo. Il punto di partenza per la griffe è che, malgrado le difficoltà del mercato del lusso, Versace è rimasta tra i primi cinque marchi globali. Versace «è ben più grande rispetto al suo fatturato attuale», ha rimarcato. Un altro marchio di grande tradizione, Trussardi, è stato rilevato proprio all’esito di una procedura di Cnc dalla famiglia Miroglio che ha inserito nel suo quadro industriale dove sta ritrovando slancio.
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Woolrich e Valextra
Nelle mani di una dinastia del settore è andata anche Woolrich, storico brand anglosassone appena rilevata da BasicNet della famiglia Boglione per un valore di 90 milioni. Anche marchi di lusso e qualità altissima, ma con spalle meno forti di quelle dei grandi conglomerati del settore, per un rilancio cercano anche un cambio di proprietà. È il caso di Valextra, marchio milanese con circa 70 milioni di ricavi (in larga parte all’estero) che fa capo al fondo Neo Investment Partners. La società ha dato mandato all’advisor Rothschild per trovare un compratore.
La crisi di Yoox
La frenata dei marchi si sta riverberando lungo la catena distributiva e produttiva della moda. Stretto fra la richiesta di sconti dei consumatori e la ritrosia dei brand a concederli, il modello della rivendita online del lusso è in affanno. Alla crisi della piattaforma Yoox hanno fatto seguito le difficoltà di LuisaViaRoma, società controllata dal fondo Style Capital che aveva puntato molte carte sul digitale. Il contesto geopolitico con le sanzioni in mercati in passato promettenti come la Russia e i dazi americani hanno contribuito al rallentamento delle attività: la flessione delle vendite sarebbe stata del 13% e ad aprile e maggio il fatturato sarebbe sceso addirittura del 30 per cento.

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