Duello Cina-Usa, adesso Pechino rallenta: la crescita cinese «costa» di più di quella americana, ecco perché

di  Federico Rampini

Terre rare, semiconduttori e dazi: tutti i fronti dello scontro tra Usa e Cina (e l’impatto sull’Ue)
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Nell’ultimo decennio il forte trend di crescita del Pil di Pechino si è fermato. I motivi? Per ogni aumento di Pil cinese ci vogliono il doppio dei capitali e il quadruplo della manodopera, rispetto allo stesso aumento del Pil Usa. Eppure...

Più che rincorrere i dati congiunturali da un mese all’altro, è utile the big picture, il quadro complessivo, in un’ottica di lungo periodo. Il sorpasso cinese sull’America è scomparso dall’orizzonteL’inversione di marcia è tanto clamorosa quanto ignorata. Gli anni dal 2010 hanno visto fermarsi la rincorsa della Cina, come di quasi tutti gli emergenti. Gli anni dal 2020 hanno visto l’America allungare il distacco.
Perché a questo cambiamento di trend non corrisponde un aggiornamento della nostra narrazione? Primo, esiste una «vischiosità delle teorie»: quando prendono piede, hanno difensori autorevoli, riempiono scaffali di librerie e infine diventano senso comune, è difficile sradicarle anche se non descrivono più la realtà. La pigrizia intellettuale fa la sua parte, è sempre faticoso doversi ricostruire una rappresentazione del mondo.
Una seconda spiegazione è geografica: a smentire lo scenario del declino è l’America, solo l’America, l’Europa invece continua a perdere terreno; le élite europee pensano che il declino del Vecchio continente sia comune a tutto l’Occidente.
Una terza spiegazione è geopolitica: i leader dei Paesi emergenti hanno scommesso sul fatto che «il futuro appartiene al Grande Sud globale», ne ricavano prestigio e influenza; anche in Occidente c’è chi gode di questo perché pensa che finalmente i popoli oppressi e sfruttati hanno la loro rivincita. Prendere atto che la riscossa degli emergenti è rinviata, disturba una serie di correnti ideologiche.

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Un salto «spettacolare»

Infine, la quarta spiegazione è politica: qualcuno potrebbe credere che il recupero di un vantaggio americano sia legato a Donald Trump, quindi scatta una forma di negazionismo (invece Trump c’entra poco, il trend ha spiegazioni strutturali, ed era iniziato ancora prima del suo primo mandato).
Un aggiornamento autorevole lo estraggo da un saggio di Michael Beckley, intitolato The Stagnant Order and The End of the Rising Powers, sul numero di novembre-dicembre della rivista Foreign Affairs. I dati più significativi sono questi. Tra il 2000 e il 2010 la teoria del sorpasso cinese sembra assai fondata: in quel decennio il Pil della Repubblica Popolare misurato in dollari balza dal 12% al 41% del Pil americano. È un salto spettacolare, è comprensibile che in quel periodo si tenda a estrapolare la tendenza verso il futuro. In quegli anni l’exploit cinese è formidabile ma non isolato.
Nello stesso arco di tempo il Pil dell’India e quello del Brasile, in percentuale di quello americano, raddoppiano. La Russia fa perfino meglio: il suo Pil quadruplica, sempre in proporzione a quello degli Stati Uniti. Usare questo criterio di misurazione (il Pil Usa come base di riferimento) è efficace perché dà l’idea di come si riduca la distanza fra il numero uno e tutti gli altri. Tra gli inseguitori, anche gli europei in quel decennio riescono in una certa misura ad accorciare le distanze rispetto agli Usa.

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Il punto di svolta

Nel decennio successivo il trend inizia a cambiare, per molti paesi anche se non ancora per tutti. Col decennio attuale, cioè a partire dal 2020, il rovesciamento si rafforza. Il Pil della Cina retrocede dal 70% al 64% rispetto a quello americano e il divario tra le due superpotenze torna così ad allargarsi. Se si uniscono le economie di tutta l’Africa, di tutta l’America latina, di tutto il Sud-Est asiatico, il loro peso complessivo cala dal 90% al 70% del Pil americano. L’ascesa della Cina e anche del Resto del Mondo ha intrapreso una marcia a ritroso.
Altri dati confermano questa inversione di tendenza e indicano le sue cause. I profitti del settore tecnologico a livello globale vanno per oltre la metà a società americane; la Cina ne cattura un modesto 6%. Tra i vantaggi che si celano dietro la ripresa del primato americano: il mercato di consumo degli Usa vale più di quelli cinese ed europeo sommati fra loro. Gli Stati Uniti sono il secondo maggiore mercato del mondo per l’export di tutti gli altri, eppure dipendono poco dal commercio estero: le loro esportazioni valgono appena un decimo del loro Pil, mentre per la Cina l’export pesa il 30% del Pil (è una delle asimmetrie che rendono gli Usa meno vulnerabili in una guerra commerciale). La situazione debitoria viene spesso additata come un tallone d’Achille dell’America, la sua fragilità nascosta. Il debito che conta davvero però non è solo quello pubblico, è quello aggregato, sia pubblico che privato. Sotto questo profilo il debito americano è gigantesco perché vale il 250% del Pil, ma è inferiore a quello della Cina (300%).

La demografia

La demografia è una delle forze degli Stati Uniti. Stanno invecchiando anche loro, ma meno degli altri. Nell’arco dei prossimi 25 anni l’America vedrà aumentare del 38% i suoi pensionati, in Cina aumenteranno dell’84%.
Di tutti i paesi emergenti la Cina resta quello che ha le maggiori capacità, e probabilità di successo. Tuttavia secondo l’analisi di Beckley la crescita cinese si fonda su tre scommesse azzardate: «che conti la produzione lorda a prescindere dalla sua redditività; che poche industrie avanzatissime possano sopperire alla mancanza di vitalità dell’economia nel suo insieme; e che il regime autoritario sia più dinamico delle democrazie». Che la Cina di oggi sia meno efficiente e dinamica delle apparenze, lui lo deduce fra l’altro da questo dato: per ogni aumento di Pil cinese ci vogliono il doppio dei capitali e il quadruplo della manodopera, rispetto allo stesso aumento del Pil Usa. Le spiegazioni della superiorità americana hanno a che vedere – fra le altre cose – con il peso del settore dei servizi (più produttivo), l’efficienza del mercato finanziario, l’innovazione tecnologica, il costo dell’energia.

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