Come mettere in salvo le democrazie

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È opinione sempre più diffusa che la democrazia sia oggi in crisi e che i regimi democratici, nelle varie aree del mondo in cui sono attualmente operanti, si vadano gradualmente sfaldando per trasformarsi in regimi autoritari. Non so se questo possa considerarsi vero in generale, ma nel dubbio viene da domandarsi quali possano essere le cause di questa crisi là dove effettivamente è in atto e quali, se esistono, i rimedi per poterla contrastare.

Pensiamo alla nascita delle democrazie moderne di matrice liberale che furono promosse nel XVIII secolo di qua e di là dell’Atlantico da una rivoluzione illuminista ispirata ai principi di libertà, eguaglianza e fraternità. Queste democrazie radicate in Occidente hanno dato luogo a regimi fondati sull’affermazione dei diritti civili e politici, sulla separazione dei poteri, sulla supremazia della legge, sulla responsabilità dei governi e sull’indipendenza dei giudici. Principi propri dello «Stato di diritto», anche nelle sue forme di «Stato sociale», che hanno trovato il loro sostegno costituzionale nella sovranità affidata al popolo e nel potere di rappresentanza affidato al Parlamento.

In questa tradizionale costruzione delle democrazie di matrice liberale dov’è che viene a colpire la crisi di cui oggi si parla? La crisi, là dove assume le sue forme più evidenti, in primo luogo senza alcun dubbio colpisce gli strumenti e le tecniche tradizionali della rappresentanza popolare. È su questo terreno, infatti, che oggi si registra una debolezza crescente dei Parlamenti accompagnata da una sfiducia diffusa verso le classi politiche espresse dai partiti che, pur mantenendo il controllo degli apparati di governo, tendono sempre più a ostruire i canali della rappresentanza per esercitare a circuito chiuso un potere autoreferenziale. E se è vero che le democrazie moderne sono nate e si sono sviluppate attraverso i partiti e la loro libera concorrenza ideologica nella ricerca del bene comune è anche vero che i partiti hanno da tempo perso, su scala mondiale, la loro originaria capacità aggregante e la loro naturale funzione di corretta rappresentanza delle comunità sottostanti. 

Questo declino si presenta come l’effetto di tanti fattori — non ultimo lo sviluppo delle nuove tecniche della comunicazione digitale — che sempre più favoriscono le pulsioni dell’egoismo individuale a danno della solidarietà sociale e che di conseguenza concorrono a scavare un solco sempre più profondo tra governanti e governati. Oggi, come è agevole constatare, il segnale di allarme più forte di questa tendenza si manifesta nell’astensionismo elettorale che ha ormai dimezzato la base delle nostre democrazie.

Se così è dove cercare i rimedi per contenere e contrastare questa crisi? Se i regimi che si ispirano alla democrazia liberale, pur con tutti i loro difetti, restano comunque i migliori rispetto a tutti gli altri (così come rilevava molti anni fa Winston Churchill con una battuta rimasta famosa), finché si è in tempo la loro conservazione va perseguita con tutti i mezzi possibili sia di difesa che di attacco.

La difesa in quei Paesi che trovano la base dei loro regimi democratici nel testo scritto di una Costituzione s’identifica in primo luogo con la cura conservativa di questo testo: una cura da esercitare attraverso l’azione attenta degli organi di garanzia costituzionale e l’indipendenza del potere giudiziario nonché, alla base, attraverso un diffuso sistema di informazione libera. Questa difesa si presenta tanto più necessaria in quei Paesi che, come il nostro, risultano segnati da profonde divisioni interne e che pertanto richiedono, ai fini della conservazione della democrazia, una forte tutela delle minoranze e del pluralismo politico. Non senza considerare che è pur sempre l’Europa, per le ragioni che hanno guidato la sua storia e ispirato la sua integrazione dopo il secondo conflitto mondiale, a rappresentare ancora lo spazio ideale, culturale ancor prima che politico, per attivare questa linea di difesa.

Molto più impegnativo e complesso si presenta, d’altro canto, poter preservare i caratteri naturali del modello democratico attraverso una linea di attacco diretta ad un suo rinnovamento e adeguamento alle nuove tendenze sociali. Come riavvicinare i cittadini alla politica attiva e alle istituzioni governanti? Come ridare forza ai Parlamenti? Come garantire la separazione dei poteri e la responsabilità dei governi?
Per questi fini tante sono le tecniche costituzionali che si possono mettere in campo attraverso la legislazione elettorale, la disciplina relativa all’organizzazione interna dei partiti, gli equilibri connessi alle diverse forme di governo. Ma sono tecniche da usare con molta attenzione e cautela perché, alla prova dei fatti, spesso danno effetti molto diversi da quelli perseguiti.

Al che va aggiunto che le riforme in grado di consolidare e aggiornare le basi delle nostre democrazie liberali investono, ancor prima che l’impianto istituzionale, la base culturale dei Paesi che intendano attivare una difesa dei loro regimi migliorandone la qualità. Su questo piano entra, infatti, innanzitutto in campo la formazione di classi politiche in grado di conquistare la fiducia sociale per la loro preparazione, onestà e lungimiranza. Obiettivo che richiede una politica di lungo respiro fondata sulla scuola, sulla ricerca scientifica, sul potenziamento delle comunità intermedie, sull’uso corretto dell’informazione e delle reti sociali, cioè su tutti gli strumenti in grado di far maturare una nuova etica civile fondata sulla solidarietà e la ricerca del bene comune, compito non lieve che potrebbe richiedere l’impegno di più generazioni.

12 novembre 2025

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