La violenza che si proclama antifascista, è conseguenza di Trump? La storia dà una risposta diversa

desc img
Ascolta l'articolo
6 min
i

La tentazione del mondo progressista è spiegare le forme di terrorismo con la figura di Trump: ma è bene ricordare quanto avvenuto in passato per non appiattire tutto ciò che accade sulla figura del presidente Usa

«Beccati questo, fascista» e «Bella ciao»: a giudicare da messaggi che sarebbero stati rinvenuti su un proiettile, il presunto attentatore Tyler Robinson simpatizzerebbe con la galassia Antifa, per lo meno nei suoi riferimenti culturali. Antifa (abbreviazione di «antifascista») è quel mondo che abbraccia la violenza politica giustificandola con una missione «resistenziale».

Oggi la tentazione in alcune analisi del mondo progressista è di spiegare queste forme di terrorismo con la figura di Donald Trump, cioè come una reazione – deprecabile ma comprensibile – al suo estremismo. Non mi riferisco agli sciacallaggi inevitabili in queste tragiche circostanze: coloro che in modo abbastanza esplicito se la prendono con la vittima, Charlie Kirk, sostenendo che «se l’è cercata lui» (o addirittura «se l’è meritata») visto che era un trumpiano doc e difendeva, per esempio, il Secondo Emendamento della Costituzione sul diritto al porto d’armi. Queste voci sui social esistono ma è più importante considerare le altre, da un mondo democratico e progressista che è sinceramente costernato, condanna senza ambiguità la violenza, e tuttavia la collega subito con «quella degli altri»: per esempio è pressoché automatico il riferimento alle orde trumpiane che il 6 gennaio 2021 diedero l’assalto al Campidoglio.

Che in America esista una violenza di estrema destra è indiscutibile. Ma stabilire un nesso stringente tra il fenomeno Trump e la spirale di violenza degli opposti estremismi è un errore, è pura e semplice ignoranza storica. È un vezzo frequente di questi tempi in cui Trump sembra capace di scrivere il primo Libro della Genesi: tutto comincia con lui.

In realtà un personaggio quale il 22enne Tyler Robinson – se sarà confermato come l’attentatore che ha ucciso Kirk, usando quei termini e quegli slogan che gli vengono attribuiti – non è affatto una novità recente

APPROFONDISCI CON IL PODCAST

La galassia Antifa acquistò una celebrità speciale durante la prima presidenza Trump e in particolare nell’estate 2020 quando confluì con Black Lives Matter nelle proteste per l’uccisione di George Floyd e contribuì a gettare molte città americane in una stagione di guerriglia urbana, assalti alle forze dell’ordine, saccheggi e rapine. Ma la stessa Antifa esisteva già da molto tempo, non era affatto una «controreazione a Trump»

Al contrario, alcune delle sue manifestazioni più violente risalgono agli albori del movimento anti-global americano. Che si batteva contro una leadership di sinistra. Gli Antifa di oggi sono parenti strettissimi – o diretti discendenti – di quei Black Block che nel 1999 misero a ferro e fuoco la città di Seattle in occasione di un vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio dove si preparava la cooptazione della Cina nella globalizzazione. I Black Block praticarono nel novembre/dicembre di 26 anni fa delle tattiche violente di un’efficacia micidiale, che avevano studiato e sperimentato con largo anticipo. A Seattle nel 1999 dovette intervenire la Guardia Nazionale, faticò molto a riprendere il controllo della città, nel frattempo il vertice era sostanzialmente fallito. Alla Casa Bianca allora c’era un presidente progressista, il democratico Bill Clinton. Ma per Antifa, Black Block e organizzazioni simili (un po’ come per il mondo dei centri sociali italiani, o gli organizzatori di «Bloquons Tout» in Francia pochi giorni fa) non c’è una grande differenza tra sinistra di governo e destra. Riprendendo temi che la sinistra più radicale aveva praticato negli anni Trenta, per queste frange «resistenziali» i socialisti al governo sono dei traditori, venduti, o perfino dei «socialfascisti».

Trump c’entra solo marginalmente, dunque, visto che la galassia Antifa era attiva e potente negli anni di Clinton. A sua volta aveva ereditato un tradizione importante degli anni Sessanta: gli «anni di piombo made in Usa», quando organizzazioni come Black Panthers e Weathermen predicavano e praticavano la lotta armata: attentati all’esplosivo, sequestri di ostaggi, omicidi politici. Anche allora c’era la sinistra al potere: alla Casa Bianca il presidente era Lyndon Johnson. La figura di Johnson viene associata soprattutto alla guerra del Vietnam, e quel conflitto era una delle giustificazioni addotte dalla contestazione violenta. Ma Johnson era anche un vero progressista, il padre della Great Society, un insieme di riforme sociali avanzatissime che avevano completato il New Deal di Franklin Roosevelt e attuato il sogno di John Kennedy. Antirazzismo, Welfare, grandi politiche redistributive, lotta alla povertà: tutto il bene che Johnson stava facendo non impedì che maturassero proprio allora delle forme di violenza radicale alla sua sinistra.

Naturalmente questa ricostruzione degli antecedenti vale pure per l’estrema destra: il terrorismo «bianco», quello dei suprematisti del Ku Klux Klan, era ai massimi proprio negli anni Sessanta. Ricordare questa storia è indispensabile, per non appiattire tutto ciò che accade sulla figura di Trump. 

«We have been here before»: siamo già passati da queste tragedie… Ampliare la prospettiva, non perdere di vista il contesto storico, non significa sdrammatizzare la tragedia dell’uccisione di Kirk, o di altri attentati recenti, ma serve a non sbagliare la diagnosi sulle origini.

12 settembre 2025, 18:31 - Aggiornata il 12 settembre 2025 , 22:54

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Comments

Popular posts from this blog